Viaggi infernali e fanciulle smemorate – I

dante_persefoneQuest’anno è simpatico dal punto di vista dei numeri, per chi ci crede. Come disse bene Umberto Eco ne Il Pendolo di Foucault, a trovare coincidenze tra i numeri, ci si azzecca sempre.

Questo perché il numero, da sé e per sua stessa natura, non esiste da solo, ma nella relazione con gli altri suoi simili, in un intreccio infinito. Kabbalah docet.

Tuttavia, ogni anno, quando arriva il 7 aprile, non riesco a non pensare che quel giorno di tanti secoli fa, un tipo dal naso lungo e il volto accigliato, probabilmente vestendo una lunga palandrana rossa e delle pantofole, si perse in una selva oscura. La tradizione vuole: che quell’anno fosse il 1300, anno giubilare nel quale la Pasqua sarebbe caduta il 10 aprile; che il tipo avesse 35 anni; che il suo nome fosse Dante Alighieri.

Il fatto che si fosse perso in una selva oscura, avvenimento abbastanza frequente, all’epoca, se ci si allontanava di notte dall’abitato, vista la mancanza di illuminazione elettrica e Autogrill, è in realtà il preludio a un viaggio all’inferno. Anzi, al viaggio all’inferno per eccellenza, quello della Divina Commedia.

Quest’anno, 7 aprile 2017, sono trascorsi ben 717 anni dal 1300. E siccome a giocare coi numeri ci s’azzecca sempre, voglio provare a riflettere su una cosa che, devo dire, mi è sempre stata molto a cuore. Cioè la Pasqua.

Domenica, per un caso insolito, ho avuto l’occasione di ascoltare, per la decimilionesima volta nella mia vita, il vangelo della risurrezione di Lazzaro. Questa volta, però, quello che mi ha colpito è proprio la morte. Il puzzo, l’olezzo, il dolore, l’incomprensione della morte.

È un vangelo lungo e intricato.

Gesù è amico dei tre fratelli Marta, Maria (Maddalena) e Lazzaro. Tutti e tre vivono a Betània, a meno di due miglia da Gerusalemme. Gesù è appena andato via dalla Giudea, ma le due sorelle riescono ad avvisarlo ugualmente che Lazzaro è malato. Tuttavia, Gesù rimane due giorni dove si trova. Diciamo anche che “fa morire” Lazzaro a scopo didattico. Comunica infatti ai suoi discepoli: “Ed io mi rallegro per voi di non essere stato là, affinché crediate; ma andiamo da lui” (Giovanni 11, 15).

Una volta sul posto, Gesù, davanti alla caverna sbarrata da un’enorme roccia, ed entro la quale è stato deposto il cadavere, si becca diversi rimproveri: da Marta, da Maria, e dai Giudei che sono lì davanti accorsi. La critica è unanime: se lo amava tanto, poteva evitare di farlo morire.

E qui, veramente con un piano in sequenza da capogiro, la scena madre: Gesù ordina che venga spostata la roccia; Marta, come tutte le donne di buon senso, gli si avvicina e gli sussurra (forse ad evitare figuracce colossali): “Signore, egli puzza già, poiché è morto da quattro giorni» (Giovanni, 11, 39).

In genere non annuso cadaveri umani. Immagino però, da quello che succede al pesce, che quattro giorni siano uno stato di zombismo avanzato.

A quel punto, Gesù, infischiandosene dell’avvertimento, e quasi con un po’ di timore misto a incertezza, pronuncia la fatidica frase: “Lazzaro, vieni fuori!”. E lì, udite udite, il morto ESCE!!! Ed esce proprio come morto, cioè con le bende che gli legano le gambe e le braccia, e il capo avvolto in un sudario, in perfetto stile mummia d’Egitto rediviva!

Anche Zeffirelli sarà stato colpito dalle bende… guardate come riproduce la scena:

E sì, perché se Gesù risuscita dopo tre giorni dalla propria, di morte, Dante, da vivo, si fa un’allegra scampagnata nei tre regni dell’aldilà per ben una settimana, in ottemperanza alla migliore tradizione mediterranea. Prima di Dante, infatti, erano già stati nell’aldilà Ulisse, Enea, Teseo, Orfeo, Gilgamesh, etc.; suppongo dunque che nel passato fosse un tour abbastanza gettonato.  Tutti costoro sono vivi, che vanno nel regno dei morti, e ritornano sulla terra con una prospettiva piuttosto differente…

Tutti tranne Gesù, che, come il Vangelo insegna, dopo essere morto il Venerdì Santo alle ore 15:00 (ora nona, n.d.r.), si fa anche lui un viaggio agli inferi, ma la domenica risorge. Ovviamente non risorge nel corpo che aveva da vivo, ma diventa di una sostanza differente, divina…mistero della fede. Ed è giusto che sia così. E lasciamolo pure così, Gesù, trasfigurato nel corpo e nell’anima, a dare la buona novella (“euangelion”, il Vangelo appunto), alla Maria Maddalena accorsa al sepolcro per piangerlo ulteriormente.

Quello che non posso fare a meno di notare, è che questa complessa mitologia della morte e della rinascita, che si manifesta sempre come qualcosa di traumatico e doloroso (e lo credo bene), un tempo aveva una spiegazione decisamente più poetica. Ma più poetica sul serio, senza cadaveri imbarazzanti, bende e olezzi.

È una storia anch’essa molto antica, ed ha a che fare con il passaggio/i passaggi da questo mondo ad un altro. E questi “passaggi”, chissà perché, diventano sempre obbligatori in primavera. A volte prendono nomi conosciuti. Ad esempio, pasqua.

A volte prendono nomi sconosciuti ai più, ad esempio: misteri di Eleusi.

To be continued

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